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Nel monitoraggio della qualità delle acque destinate al consumo umano, un ruolo fondamentale è svolto da alcuni parametri microbiologici e chimici che permettono di valutare l’efficienza dei trattamenti di potabilizzazione e di identificare eventuali criticità. Tra questi, il Clostridium perfringens, appartenente al gruppo dei clostridi solfito-riduttori, rappresenta un indicatore microbiologico importante, soprattutto nelle acque influenzate da fonti superficiali.

Le spore di Clostridium perfringens si distinguono per la loro elevata resistenza ai trattamenti di disinfezione e per la capacità di persistere nell’ambiente acquatico per lunghi periodi. Queste caratteristiche le rendono utili come indicatori secondari nei processi di controllo delle acque, in affiancamento ai parametri principali come Escherichia coli, batteri coliformi ed enterococchi intestinali, i cui metodi di prova relativi erano già stati accreditati.

La presenza di spore di Clostridium perfringens in assenza di altri indicatori microbiologici può fornire indicazioni preziose sullo stato pregresso delle acque, suggerendo una contaminazione avvenuta in un periodo antecedente. Questo aspetto è particolarmente utile nel monitoraggio delle reti idriche con lunghi tragitti di distribuzione, come accade nei sistemi che attingono da fonti come il fiume Po.

Nel quadro normativo nazionale (D.Lgs. 18/2023 che abroga il precedente D.Lgs. 31/2001) il microrganismo Clostridium perfringens – comprese le spore – è inserito nell’elenco dei parametri indicatori (Allegato I Parte C) per la valutazione della qualità delle acque destinate al consumo umano.

La sua ricerca in acque che provengano o siano influenzate da fonti superficiali e in acque destinate al consumo umano è determinata sulla base della valutazione del rischio del sistema di fornitura idropotabile. In caso di positività, le autorità sanitarie sono chiamate a verificare l’assenza di altri microrganismi potenzialmente patogeni.

Alla luce di tali esigenze, il laboratorio di CADF ha recentemente ampliato il numero di prove accreditate, includendo tra i parametri microbiologici anche il Clostridium perfringens – spore comprese. Questa scelta si inserisce in una più ampia strategia di rafforzamento del controllo della qualità delle acque, già supportata dall’accreditamento di metodi microbiologici relativi a Enterococchi intestinali, Escherichia coli, batteri coliformi, carica batterica totale a 22°C e 36°C, legionella pneumophila e legionella spp.

Contestualmente, il laboratorio ha ottenuto l’accreditamento anche per la determinazione di alcuni metalli, ferro e manganese, storicamente presenti in alcune fonti idriche sotterranee e oggetto di attenzione da parte dell’AUSL.

Sono stati inoltre messi a punto metodi per la determinazione di sostanze di particolare interesse sanitario come il vanadio e il cloruro di vinile monomero (CVM), quest’ultimo noto per il suo potenziale cancerogeno, anche se mai rilevato nelle acque in esame.

Guardando al futuro, il laboratorio è impegnato nel mantenimento dell’accreditamento secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 e nello sviluppo di nuovi metodi analitici, tra cui la determinazione dei colifagi somatici, introdotti come nuovo parametro microbiologico dal D.Lgs. 18/2023.

L’attività del laboratorio si conferma così un presidio essenziale per la tutela della salute pubblica e per il controllo continuo della qualità delle acque distribuite ai cittadini, in linea con i più recenti aggiornamenti normativi e con una visione sempre più orientata alla prevenzione e alla sicurezza.